VENERDI' SANTO SERA - Processione del Santo Legno della Croce

Delle tre croci patriarcali, in cui sono incastonati alcuni frammenti della Vera Croce, soltanto quella che si custodisce nella basilica del S. Sepolcro di Barletta viene portata in processione la sera del Venerdì Santo e il 14 settembre.
Secondo quanto si deduce dallo scritto del Can. Giuseppe M. Seccia, la processione del Venerdì Santo risalirebbe quantomeno all’anno 1515. A tal proposito si legge: “Diciamo dunque, che nel 1515, allorché la peste infieriva nella forma più raccapricciante spargendo la desolazione in tutte le famiglie di Barletta senza risparmiare alcuno e che la popolazione ricca e felice in quei tempi veniva crudelmente decimata da fiero morbo, tanto che il numero degli abitanti da 45.000, che era allora, scese a 28.000 appena; il clero del S. Sepolcro, ad iniziativa del popolo uscì in processione di penitenza per scongiurare la peste. Ed infatti ciò avvenne per la prima volta, che il detto clero, preceduto da una parte delle confraternite delle altre chiese tutte con ceri accesi, uscendo a tre ore circa di notte, portando sotto il pallio il S. Legno della Croce e circondata dai confratelli crociati, dalla porta piccola della chiesa, e percorrendo la strada, allora chiamata Cordoneria, oggi corso Garibaldi, giungeva all’antico palazzo del Monte Vecchio, poi Cafiero; ritornando quindi per la stessa strada voltava pel corso Vittorio Emanuele sino a raggiungere l’ex Palazzo Pretorio successivamente donato alle monache dell’Annunziata e del quale non vi è rimasto altro che i pianterreni, là si fermava e vi faceva la benedizione. Poi ritornando ancora si formava un cerchio innanzi la chiesa, dove nel silenzio più assoluto si cantava il Christus factus est , e così si ritirava verso quattr’ore di notte”
La cattolicissima città di Barletta glorificò il S. Legno della Croce per il PRODIGIO accaduto il l6 dicembre 1631. L’avvenimento fu riportato su una pergamena dal notaio Giovan Battista Pacella il 26 ottobre 1632. In Barletta, il 16 dicembre 1631 (giorno di martedì), al principio la giornata apparve lucida e chiara; da mezzogiorno incominciarono a poco a poco a sentirsi (benché lontani) alcuni rumori che diedero occasione alla gente di andare sulle mura della città. Fino alla sera, alcuni immaginavano che fosse entrata un’altra armata turca com’era avvenuto il 16 agosto 1620, altri pensavano che fossero esalazioni provenienti dalla montagna della Maiella. Venuta la notte (nel cielo non era apparsa “nemmeno una minima stella”), incominciò a piovere cenere che si pensò fosse neve. La gente, sbigottita e meravigliata, incominciò a pregare l’Onnipotente Iddio affinché la liberasse da tale flagello. Cominciarono a suonare le campane di tutte le chiese e in molti luoghi a cantare le litanie della Beatissima Vergine e dei Santi. La cenere poi “si tramutò in arena grigia molto sottile da sembrare lima minutissima di ferro, tanto che gli uomini che avevano la barba bianca apparivano con la barba nera, così come le donne vecchie con i capelli”. Si cominciò, così, “in molti luoghi ad esporre il Santissimo Sacramento e particolarmente nella chiesa maggiore ed anco nel sacro collegio dei Padri Gesuiti e di S. Giuseppe de’ Padri Teatini”. Nella chiesa del S. Sepolcro, in S. Domenico e in molte altre chiese “andavano molti figlioli con i campanelli gridando per la città perché convenissero in dette chiese”. Anche monache e frati volevano uscire dai loro monasteri per scampare tale prodigio. Così donne, civili e plebei “tra i quali molti, spogliati, si conferirono nelle chiese portando in mano i loro vestiti e chi con pianelli e chi senza andavano per strada , molte donne prossime al parto. Verso le sett’ore di notte tanta moltitudine di gente che esclamava e gridava la misericordia di Dio (habbi pietà di noi miseri peccatori) non vedendosi esaudita cavò dalla chiesa del S. Sepolcro il Purissimo legno della Santa Croce e dal venerabile monastero di S. Stefano anche la testa del glorioso S. Ruggero, Patrono e Protettore di Barletta ed uniti con il Santissimo Sacramento quali andavano sotto li duj pallij, cioè sotto uno il detto Gaudissimo Santo e sotto l’altro il detto Purissimo Legno della Santa Croce con detta testa di S. Ruggero cominciò a fare solennissima processione per tutta la città e fu cosa tale che subito cessò detto prodigio et cominciò a poco a poco a soffermarsi l’aria. Ciò diede occasione alla gente di pernottare in continue orazioni ed ascoltare prediche e sermoni. In quella stessa notte “si videro da più et diverse persone tanti religiosi quanti secolari altre visioni”.
In particolare:
- sul Pallio, sotto del quale andava il SS. Sacramento, quando fu vicino al monastero di S. Lucia di Barletta, fu vista una colomba bianca svolazzare e poi scomparire.
- Nell’uscire dalla innanzi detta chiesa di S. Giuseppe dei Padri Teatini, alcuni videro per l’aria un bellissimo giovane con una grossa face nelle mani accesa; recatisi a dare notizia ai predetti Padri Teatini similmente scomparve”.
- Un soldato che faceva la guardia o sentinella sul torrione del Regio castello di questa città, vide sul lido del mare tre torce accese e alcuni gentili spiriti “li quali in escambio di convertirsi a Dio andorno facendo alcune rapine”.
In detta notte, la maggior parte delle persone lasciarono le case aperte per trovare salvezza nelle chiese, dubbiose di qualche terremoto così come accaduto il 30 luglio 1627 nella città di Sansevero e città vicine, nel quale terremoto “Frà Giacinto Pacella, mio figlio, dell’Ordine Domenicano o dei Predicatori morì nel convento della terra di Procida”. La mattina seguente (17 dicembre), giorno della festività di S. Lazzaro, si trovarono strade, tetti e terrazze “da tre dita in circa coperte di detta cenere ed arena”. “Le persone parteciparono tuttavia con l’istessa devozione et frequenza di confessioni e comunioni et assistenza alle quarantore et prediche”. Dopo essersi confessate e comunicate uscirono “fuora di Barletta et andorno parte nelle loro masserie parte in altri lochi forse per scampare tali inconvenienti già che tutto detto giorno di mercoledì stette eclissato insino a ventidue hore nella qual’hora uscì di nuovo da detta chiesa la processione con il SS. Sacramento et andò per la città così come anco in detto Sacro Collegio de Padri Gesuiti uscì la processione nella quale il Rev. Rettore et Padri di detto Collegio fu portata la statua del glorioso S. Francesco Saverio et in questo si vide un poco di sole”. La mattina di detto mercoledì “tutti pigliarono espedienti di annettare li tetti et terrazze di loro case per levarne dette ceneri et arena acciò non andassero nelle cisterne per non infestare l’acqua”.
Un anziano muratore, tale Giulio del Casale caduto da un tetto, morì. A distanza di cinque lustri dal prodigio del 1631, l’Università (Comune) di Barletta deliberò un VOTO SOLENNE perché cessasse la peste che infieriva in città sin dal giugno 1656. La città di Napoli fu contagiata dalla peste quando alcuni soldati spagnoli vi sbarcarono da un vascello. Il conte di Castrillo, viceré di Napoli, da parte sua, temendo indugi nella spedizione approntata per la Lombardia assalita dai Francesi, per non allarmare la popolazione non propagandò la notizia. La peste si propagò molto velocemente tanto da mietere centinaia di vittime ogni giorno. Per sfuggire al contagio, gli abitanti si rifugiarono in altre città che rimanevano a loro volta contagiate: “Il morbo irrompeva con febbre acuta e violenta e quasi serpeggiante pel corpo un altro umore, tumori maligni venivano fuori agli uni; in altri si facevano nere le urine, e chiazze nere si espandevano ed intingevano la cute, sin che tra martòri e sete indicibili lo spirito non era espulso in una effusione di sangue per le narici. Parecchi però furono visti cadere esamini d’un tratto. Morivano quasi tutti senza soccorso di medici, senza conforto di prece religiosa.
I Governatori dell’Università, “ricordando che Barletta altre volte era stata liberata da simili mali dalla Santissima Eucaristia, onde ogni anno, nella sera del Venerdì Santo ne celebra l’anniversaria e votiva memoria, il 29 luglio 1656 votarono a Dio la città con solenne promessa di devoti riti e di offerte al SS. Sacramento, al S. Legno della Croce, alla Vergine Maria e al gloriosissimo Patrono Tutelare San Ruggero. E come Dio volle, la peste cessò nel marzo 1657.


La processione del S. Legno della Croce fu oggetto di controversia tra il Capitolo della Matrice chiesa di S. Maria Maggiore ed il Capitolo del S. Sepolcro.

Voto solenne deliberato dalla città di Barletta - 1656 
(Su concessione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali - Archivio di Stato Sez. Trani) 

Il Tribunale dell’ A. C. di Roma sin dal 1688 aveva sentenziato che “per la processione dell’insigne Reliquia della S. Croce fatta dai Capitolari del S. Sepolcro nel Venerdì Santo e l’altra pubblica votiva solita farsi ogni anno nel giorno 3 maggio con la stessa Reliquia della S. Croce i Capitolari del S. Sepolcro dovevano andare alla chiesa di S. Maria Maggiore con la cotta e senza croce per domandare preventivamente licenza al Capitolo”.
La controversia era questa: “Se per antica usanza, il Capitolo della Regia Matrice Chiesa di S. Maria di Barletta, senza dipendenza dall’Arcivescovo, sia nel diritto di fare le processioni ordinarie e straordinarie e se per la medesima usanza senza il permesso ed il concorso di quel Capitolo l’altre chiese della città non possano celebrare l’une e l’altre processioni”, considerato che le chiese di S. Giacomo e del S. Sepolcro, dopo la loro erezione, dipesero da S. Maria Maggiore che ebbe il pregio di Chiesa principale e matrice sin dall’XI secolo.

Nei secoli XVII e XVIII tale prerogativa fu contrastata nei Tribunali di Roma poiché l’Arcivescovo, sostenuto anche dalle altre chiese, riteneva “essere del suo ministero d’accordare le processioni”. Quanto deciso dal Tribunale dell’ A.C. a favore del Capitolo di S. Maria, fu confermato dalla Rota Romana (1713).
La qualità collegiale della chiesa di S. Maria fu sanzionata dal Sommo Pontefice Clemente XII (bolla del 12.7.1731), per cui S. Maria continuò nel possesso di quella prerogativa. Nonostante ciò, l’Arcivescovo e le chiese minori continuarono a fare opposizione che, come si dirà in seguito, si concluse solo dopo il 1754. I Capitolari di S. Maria Maggiore, oltre al riconoscimento di essere prelevati dalla loro Matrice Chiesa, intendevano definire anche il percorso che la processione avrebbe dovuto fare.
Con due conclusioni del 1733, l’Arciprete di S. Maria Maggiore proponeva: “Signori miei, c’è stata portata supplica dalli signori Preti del S. Sepolcro che vorrebbero quietarsi una volta per sempre per la processione del Venerdì Santo limitato il luogo dove vorrà terminare detta processione e quindi, a seguito di risposta di Mons. della Gatta, l’Arciprete similmente ha proposto che per levare i litigi che vertono tra questa Collegiata Chiesa e la Chiesa Priorale del S.Sepolcro sarebbe bene concordare con li preti di detta Chiesa quale per la processione si fa in ogni Venerdì Santo del SS. Legno della Croce desidererebbero che questa Collegiata Chiesa li prefiggesse il termine di detta processione sino al parlatorio della SS. Annunziata”.
L’itinerario che la processione avrebbe dovuto seguire è menzionato nel legato di don Ignazio Queralt che disponeva (atto del notaio Giuseppe Delia del 22 gennaio 1742) “ Lego a beneficio della processione del S. Legno della Croce, che si fa la sera del Venerdì Santo, quaranta torce da distribuirsi per la detta processione al Clero del S. Sepolcro e di S. Giacomo purchè si faccia per la strada della piazza”. Acclarata la questione dell’itinerario, a seguito delle continue opposizioni rivolte dall’Arcivescovo e dai Capitolari del S. Sepolcro alle superiori autorità, il Re decideva che “l’Udienza faccia intendere all’Arcivescovo, come alla Città di Barletta, ed a quel Capitolo di S. Maria, che in quanto al punto delle processioni, che è in questione, attendano il decreto del Tribunale di Roma” (Decreto regio del 3 ottobre 1750). La Sacra Rota, confermando quanto deciso nel 1713, disponeva che “il Capitolo di S. Maria era nella libera facoltà di fare le processioni d’ogni genere e di vietare agli altri Cleri di farle senza il suo permesso”.
Poiché il Clero del S. Sepolcro non accettò di sottomettersi a tale decisione opponendo il real ordine del 1750, il sovrano ufficio inviò al Regio Governatore di Barletta il seguente dispaccio (10 agosto 1750): “Il Re, in seguito di ricorsi scambievoli fattigli da Capitolari della Chiesa del Sepolcro, dal Capitolo di S. Maria , dal Sindaco e dagli Eletti di codesta città toccanti il punto delle processioni n’ha comandato di prevenire V.S. che prima faccia una forte e seria riprensione nel Regal nome a Capitolari della Collegiata del S. Sepolcro per la renitenza fin’ora dimostrata d’obedire al mandato rotale di Roma munito di Regio Exequatur e che di poi nello stesso Regal nome imponga loro che a tenore dell’istesso mandato nel giorno 3 di maggio vada la terza parte d’essi Capitolari in abito Corale e senza Croce a levare il Capitolo di S. Maria, e con farsi indi la processione secondo il solito con tutta quiete e devozione, poiché altrimenti, se accadranno per tale affare nuovi sconcerti, la M.S. prenderà quegli espedienti propri ed economici, che saranno di loro somma mortificazione”.
La Sacra Congregazione dispose: “In ordine alla processione del Venerdì Santo sia necessaria la licenza da domandare al Capitolo di S. Maria” (28 giugno 1751) eche la terza parte dei sacerdoti del S. Sepolcro siano obbligati andare con abito Corale e senza Croce nel giorno 3 maggio a prelevare il Capitolo di S. Maria” (28 febbraio 1752). Tuttavia seguirono altre controversie e censure.
Solo dopo l’anno 1754 il Capitolo di S. Maria vede riconosciuta la sua prerogativa; celebrò tranquillamente le processioni comuni e particolari senza licenza dell’Ordinario e non mai lasciò che senza suo permesso si celebrassero dagli altri Cleri. Tuttavia ciò venne a modificarsi con la costituzione della Arciconfraternita del Santo Legno della Croce nel S. Sepolcro.
I Governatori della città, il 7 aprile 1784, infatti, deliberarono: “Noi qui sottoscritti General Sindaco ed Eletti di questa città di Barletta confessiamo che avendo il Regio Governatore don Giovanni Amato Giaquinto, in conformità del Privilegio e Regole conceduto alla Congregazione della Croce con suo appuntamento della data di oggi infrascritto giorno, dato il permesso di continuarsi in ogni sera del Venerdì Santo la processione del Santo Legno della Croce che sempre ab immemorabili si è fatta dalla venerabile Collegiale Chiesa del S. Sepolcro per il recinto della sola pubblica Piazza, dove detta chiesa è situata; quindi noi in conferma del solenne voto fatto dai nostri maggiori nell’anno 1515, come per tradizione sempre si è inteso, e come pittura apparisce in un quadro di legno, affisso al lato destro dell’altare del S.Legno della Croce, promettiamo d’intervenire tanto a detta processione della sera d’ogni Venerdì Santo col Magistrato politico, quanto a quella del 3 maggio di ciascun anno, secondo l’altro voto fatto nell’anno 1656, che originalmente da noi si conserva, promettendo e giurando a Dio onnipotente ad adempiere e mai contravvenire e di prestare le solite offerte di cera, incenso e storace in dette due processioni in conformità dell’antico solito, per essere detto S. Legno, da fedi remote, dichiarato INSIGNE PROTETTORE di questa città
E così giuriamo per Barletta, li 7 aprile 1784. 
Lonardo Cellamare General Sindaco 
Giovanni Cementano Eletto 
Not. Giacomo Luppoli Cancelliere

Da documenti del successivo secolo XIX si rileva che le processioni del Santissimo e del S. Legno della Croce, che si svolgevano il Venerdì Santo rispettivamente il pomeriggio, facente capo alla Cattedrale e la sera, facente capo alla chiesa del S. Sepolcro, erano stabilite dall’Autorità comunale previo permesso della Curia.
Dal “Registro dei permessi e della corrispondenza” approntato nel 1888, risulta, infatti, che la Curia concesse (27 marzo 1897) “Permesso al Municipio per le processioni del Santissimo e del S. Legno della Croce nel Venerdì Santo”.
Il 12 aprile 1897, comunque, la processione serale del Venerdì Santo non fece capo al S. Sepolcro, ma al Monte di Pietà. Sul “Registro dei permessi” è scritto: “Al Sindaco di Barletta, sig. Mario Scelza, notificandogli che la Curia acconsente che la processione del S. Legno della Croce nella sera del Venerdì Santo debba uscire dalla chiesa del Monte di Pietà, ma a condizione che la sacra Reliquia sia portata da una delle Dignità del Capitolo Cattedrale, assistita da due Canonici del Sepolcro. Se non si volesse stare a questa determinazione, la processione uscirebbe dalla chiesa Cattedrale di S. Maria con la Reliquia della Croce che si conserva e si venera nella detta chiesa”.
Poiché sul “Registro” sono annotati i permessi rilasciati dalla Curia al Comune fino al 1900, si deve ritenere che negli anni successivi i due Capitoli ripresero a solennizzare in piena concordia la festa del S. Legno della Croce; l’uscita della relativa processione avviene dalla chiesa del S. Sepolcro.
Attualmente il rito, pur se modificato nell’orario e nel percorso, si svolge la sera del Venerdì Santo con la massima solennità e vede la partecipazione dell’Arcivescovo, del Sindaco, delle Autorità civili e militari, delle Confraternite, dei Crocisti (confratelli del S. Legno della Croce), delle Dame e Cavalieri dell’Ordine del S. Sepolcro e della popolazione.
Una gran moltitudine di persone sosta silenziosa sui marciapiedi al passaggio della processione. Poi si raccoglie davanti al sagrato della Basilica del S. Sepolcro per ascoltare, in profondo e religioso silenzio, l’esecuzione del “Christus”, musicato dal maestro Giuseppe Curci nonché l’omelia dell’Arcivescovo.
Dopo la santa benedizione impartita dall’Arcivescovo con la sacra Reliquia si assiste al bacio della Croce da parte del Sindaco in nome della cittadinanza.

- Testo tratto dal sito del Centro Regionale Servizi Educativi Regionali
- Foto tratte dal web.


** Un sentito ringraziamento vada all'amico dott. Giuseppe Antonio Dibari per avermi fornito preziose indicazioni per la realizzazione di questa scheda monografica sulla Settimana Santa di Barletta.